Questa sera è tutto un po' sfocato, avrei voluto andare a meditare, come quasi tutti i lunedì, ma dei piccoli contrattempi, fra cui una ruota della macchina che nel tardo pomeriggio ha dato segno di volersi sgonfiare, mi ha trattenuto. Avrei dovuto correre varcata la saracinesca del gommista, ma mi sono sentito improvvisamente stanco, e ho desistito. Mi capita spesso, dopo dei momenti di intensa presenza, come l'incontro di sabato. Una sorta di tristezza post
coitum. Ferenczi parla di questa tristezza come di una leggera
depressione e spiega il noto adagio omne animal post coitum triste come
una reazione al fatto che l’Io si sarebbe spinto troppo in là nell’oblio
di sé. ( non so chi sia questo ferenczi, e non ho voglia di ricorrere all'orwelliano Wikipedia; però la frase mi è piaciuta ). Quante volte mi spingo troppo in là nell'oblio di me! E spesso in queste escursioni nel territorio dell'alterità riconosco una familiarità che mi suscita pensieri e domande a cui non so rispondere. Ma io sono questo o quello? Il me che domentico sono veramente io, o io in verità sono la dimanticanza di me? Negli anni dell'adolescenza mi credevo un Essere Alieno mandato sulla terra per studiare l'Essere Umano. Col tempo questa percezione si è affievolita ma resta un senso di estraneità che a volte mi riavvolge inaspettato.
Il mio bisogno di intervenire sul reale forse non è che una reazione alla paura di quel distacco da tutto che tanto mi tenta. Come il canto di una sirena al quale non voglio rinunciare, consapevole però della fragilità delle corde che mi tengono legato all'albero di questa nave.
1 commento:
Ma tu, sei felice?
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