Sono due giorni che non sto bene, un po’ di nausea, mal di testa. Detesto quando non riesco a stare dietro ai miei pensieri, mi sono seduto sul divanetto, in cucina, ho messo un CD con la colonna sonora di The Million Dollar Hotel e ho cominciato a scrivere. Poco prima mi sono spaventato, sono finito su di un forum in cui parlavano di scrittura e mi sono reso conto della smisurata quantità di scrittori che c’è in giro, un vorticare infinito di parole nello spazio…
Io non ho pazienza, non riesco a dare alle mie parole il tempo di nascere e crescere
L’unico lavoro in continuità l’ho fatto con il Diario, sono andato avanti per due anni, seguendo il filo delle mie sofferenze, perché sono state quelle a darmi la forza di scrivere; nella gioia la mente è persa altrove.
Pensavo che avrei potuto scrivere per qualcun altro, i miei figli, un amore, anche solo una persona che mi richiamasse ai miei doveri. Perché si, la scrittura è dovere, è metodo, come tutto nella vita, è una questione di impegno e di volontà.. E invece magari no, la questione è un’altra, è la passione, l’innamoramento.
Non ricordo più com’era quando ero innamorato, non solo di una donna, ma di una situazione, un momento, un sentire. Ho una grande nostalgia delle emozioni; quando sento un pezzo o vedo un film che mi muovono dentro, provo un sentimento misto di struggente nostalgia e di invidia, di inadeguatezza e di gratitudine.
Per mia sfortuna, provo a scrivere solo di sera, e col buio tutto assume un aspetto triste o quanto meno meditativo, troppo meditativo. Ci sono delle mattine in cui esco di casa dopo che i figli sono partiti per la scuola e mi sorprendo a stupirmi per lo splendore che mi si srotola davanti agli occhi: un cielo cristallino, delle montagne grandi e ferme, alberi e prati che profumano di colori il vento; ed il sole, questo grande grandissimo centro, motore immobile, attimo eterno di vita ed energia.
Giorni fa lamentandomi scherzosamente con una mia compagna di corso del fatto che nessuno mi telefona mi sono fatto rispondere, a gesti, che è normale, dato che erigo dei muri fra me e la gente. E’ vero, è perché ho paura delle conseguenze. E anche perché ho paura di non essere adeguato. E ho paura di fare delle brutte figure.
Sono andato a letto, ho dormito e ho sognato. Ho sognato una donna, bellissima, in un contesto dimenticabile, ho sognato che le mie labbra sfioravano le sue e poi lei mi diceva il suo nome.: era tutto così bello e reale che mi sono dovuto svegliare per segnarmi quel nome, per non scoprirlo dimenticato al mattino dopo; mi è costato uno sforzo enorme, ho lottato e alla fine ho sentito che mi ero svegliato, ero nel mio letto, nella mia camera, ma non la mia camera di adesso, quella di quando ero ragazzo, il letto singolo con la testiera di legno scuro, toccavo il legno con le dita nel buio, ritrovavo le incisioni fatte le sere quando non riuscivo a dormire, e intanto il nome si stava allontanando. Dai Marco, ancora uno sforzo, non sei ancora sveglio, dai svegliati! E allora mi sono svegliato, nel lettone, di fianco a me il respiro tranquillo della mia piccola Sofia, sei anni di dolcezza e curiosa intelligenza, la stanza buia, fuori l’abbaiare di un cane, mi sono alzato e a tentoni ho raggiunto la scrivania e ho scritto quel nome; poi sono tornato a letto e mi sono nascosto sotto le coperte perché avevo paura. Ho faticato ad addormentarmi, pensando alla facilità con la quale ci sorprendiamo a credere a ciò che ci comunicano i nostri sensi a cominciare dal sonno e dalla veglia.. Temevo che l’indomani mattina sulla scrivania avrei trovato un foglio bianco a ridermi in faccia.
La mattina dopo mi svegliai non ricordando più quel nome, non cercai sulla scrivania ma mi feci rapire dalla abituale quotidianità fluttuando così, senza pensare, fino ad approdare nel primo pomeriggio nei paraggi della temuta scrivania: non potendo resistere oltre mi avvicinai al foglio, c’era scritto un nome con caratteri insicuri, il nome di Angela Maruca.
Quella sera sono andato su di un motore di ricerca e ho digitato il nome, dopo un attimo è comparso l’indirizzo di un forum nel quale una persona con quello stesso nome aveva lasciato dei messaggi, mi sono collegato al sito e le ho scritto.
Inutile dire che dopo la sorpresa iniziale e alcuni scambi epistolari imbarazzati non abbiamo più comunicato. Non era lei l’Angela Maruca del mio sogno.
O forse avevo sognato il nome sbagliato
Io non ho pazienza, non riesco a dare alle mie parole il tempo di nascere e crescere
L’unico lavoro in continuità l’ho fatto con il Diario, sono andato avanti per due anni, seguendo il filo delle mie sofferenze, perché sono state quelle a darmi la forza di scrivere; nella gioia la mente è persa altrove.
Pensavo che avrei potuto scrivere per qualcun altro, i miei figli, un amore, anche solo una persona che mi richiamasse ai miei doveri. Perché si, la scrittura è dovere, è metodo, come tutto nella vita, è una questione di impegno e di volontà.. E invece magari no, la questione è un’altra, è la passione, l’innamoramento.
Non ricordo più com’era quando ero innamorato, non solo di una donna, ma di una situazione, un momento, un sentire. Ho una grande nostalgia delle emozioni; quando sento un pezzo o vedo un film che mi muovono dentro, provo un sentimento misto di struggente nostalgia e di invidia, di inadeguatezza e di gratitudine.
Per mia sfortuna, provo a scrivere solo di sera, e col buio tutto assume un aspetto triste o quanto meno meditativo, troppo meditativo. Ci sono delle mattine in cui esco di casa dopo che i figli sono partiti per la scuola e mi sorprendo a stupirmi per lo splendore che mi si srotola davanti agli occhi: un cielo cristallino, delle montagne grandi e ferme, alberi e prati che profumano di colori il vento; ed il sole, questo grande grandissimo centro, motore immobile, attimo eterno di vita ed energia.
Giorni fa lamentandomi scherzosamente con una mia compagna di corso del fatto che nessuno mi telefona mi sono fatto rispondere, a gesti, che è normale, dato che erigo dei muri fra me e la gente. E’ vero, è perché ho paura delle conseguenze. E anche perché ho paura di non essere adeguato. E ho paura di fare delle brutte figure.
Sono andato a letto, ho dormito e ho sognato. Ho sognato una donna, bellissima, in un contesto dimenticabile, ho sognato che le mie labbra sfioravano le sue e poi lei mi diceva il suo nome.: era tutto così bello e reale che mi sono dovuto svegliare per segnarmi quel nome, per non scoprirlo dimenticato al mattino dopo; mi è costato uno sforzo enorme, ho lottato e alla fine ho sentito che mi ero svegliato, ero nel mio letto, nella mia camera, ma non la mia camera di adesso, quella di quando ero ragazzo, il letto singolo con la testiera di legno scuro, toccavo il legno con le dita nel buio, ritrovavo le incisioni fatte le sere quando non riuscivo a dormire, e intanto il nome si stava allontanando. Dai Marco, ancora uno sforzo, non sei ancora sveglio, dai svegliati! E allora mi sono svegliato, nel lettone, di fianco a me il respiro tranquillo della mia piccola Sofia, sei anni di dolcezza e curiosa intelligenza, la stanza buia, fuori l’abbaiare di un cane, mi sono alzato e a tentoni ho raggiunto la scrivania e ho scritto quel nome; poi sono tornato a letto e mi sono nascosto sotto le coperte perché avevo paura. Ho faticato ad addormentarmi, pensando alla facilità con la quale ci sorprendiamo a credere a ciò che ci comunicano i nostri sensi a cominciare dal sonno e dalla veglia.. Temevo che l’indomani mattina sulla scrivania avrei trovato un foglio bianco a ridermi in faccia.
La mattina dopo mi svegliai non ricordando più quel nome, non cercai sulla scrivania ma mi feci rapire dalla abituale quotidianità fluttuando così, senza pensare, fino ad approdare nel primo pomeriggio nei paraggi della temuta scrivania: non potendo resistere oltre mi avvicinai al foglio, c’era scritto un nome con caratteri insicuri, il nome di Angela Maruca.
Quella sera sono andato su di un motore di ricerca e ho digitato il nome, dopo un attimo è comparso l’indirizzo di un forum nel quale una persona con quello stesso nome aveva lasciato dei messaggi, mi sono collegato al sito e le ho scritto.
Inutile dire che dopo la sorpresa iniziale e alcuni scambi epistolari imbarazzati non abbiamo più comunicato. Non era lei l’Angela Maruca del mio sogno.
O forse avevo sognato il nome sbagliato