Un po' di tempo fa parlavo con una persona che mi ha raccontato di essere andata ad ascoltare un tale parlare di non so cosa. Ho una pessima memoria - non ricordo se l'ho già detto - per cui non chiedetemi il nome del relatore nè l'argomento della serata. La cosa che mi ricordo è stato un consiglio dato dall'oratore riguardo ad una tecnica per vivere in modo più sereno la propria vita; semplificando molto il suggerimento era il seguente: provare a passare un certo periodo, forse un mese, senza lamentarsi mai di nulla, né con se stessi né con gli altri. Evitare di parlare delle cose che ci procurano dolore o fastidio.
Il non parlare di una cosa può trasformarla e finanche cancellarla.
E' un'idea molto suggestiva perchè lega indissolubilmente la realtà alla parola. Del resto da sempre lo stesso concetto, ma rovesciato, segna la nostra cultura; Omero tiene in vita un'intera generazione di uomini e dei attraverso la parola.
Io parlo di una cosa e questa cosa esiste, non ne parlo e la stessa smette di essere.
In qualche modo distorto e storpiato la subcultura televisiva ha fatto sua questa visione. E anche il potere, che sfrutta la poca memoria della gente per ridisegnare, attraverso il controllo dell'informazione, la realtà.
Le parole come pietre, le pietre come traccia. Pollicino lascia una scia di piccole pietre bianche che alla luce della luna gli indicano la via per tornare a casa.
Le parole rischiarate dalla giusta luce - il lume della ragione? il fuoco dell'amore? - sono un cammino di liberazione.
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