lunedì, maggio 26, 2008

radha e gomorra

Mi sono permesso di riprendere un post di Radha, non so, forse mi ha fatto sentire meno solo...
"Ho letto il libro, sono andata a vedere il film.
Da sola, nonostante due o tre proposte.
Ho comprato veloce ciliege, patatine e chinotto e sono corsa a cercare un posto, al cinema vicino casa.
Gomorra.
Non si può dire che sia un film bello.
Non posso usare la categoria della bellezza per l'orrore a cui ho assistito.
Bisogna costringersi ad imparare a distinguere, prima o poi.
E' solo un capolavoro.
Sia il libro che il film mantengono la genialità della parola, sia il libro che il film sono l'apertura massima per la verità e l'amore.
Ma, mantegono entrambi, la distanza propria di essere due canali diversi, due capolavori.
Dicevo, è un film d'amore.
E' un film sull'amore mancato, verso se stessi, innanzitutto.
L'amore mancato, violato, obliato verso la verità, verso la libertà e quindi, se stessi.
E allora posso intuire la necessità del dolore, dello scempio interiore, dell'abbandono buio della disperazione.
In assenza di libertà, di amore, di verità c'è solo l'annientamento.
Non si tratta di far riflettere,abbiamo in questi anni, con le br e la mafia, borsellino e falcone,
riflettuto, riflettuto molto, e non mi sembra neanche che questo abbia generato un gran cambiamento, in fondo, ci siamo accontentati del riflesso.
Tanto parlare di condanna, nessun movimento di cambiamento certo, solo un lieve sollievo.
Non è un film di denuncia, quindi, e poi, denunciare a chi? alle autorità competenti?
e cosa c'è di più competente che di se stessi?
a chi denuncio, se non a me, la mancanza d'amore?
Questo nel film è facile vederlo, sono tutti mostri, sformati, contorti, materia umana in fase di dissoluzione, non di soluzione.
Non c'è più nulla da solvere nulla da coagulare
dissoluzione pura, ed è in fondo un sollievo, un altro.
La negritudine pura, la fase buia dell'opera alchemica.
E a pensarci bene non si parla neanche di morte, ancora, la morte è trasformazione, ascesi,
lì in quel luogo spaziotemporale la morte diventa solo oblio, "dobbiamo fare morti, dobbiamo fare cifre, soldi" dice un personaggio, un altro "io mi debbo salvare".
Oblio, il mio oblio, aggiungo, già perchè non è pensabile che io riconosca quella paura
senza che questa in qualche modo non mi riguardi, perchè buca la mia anima se non sono anch'io così?
non è che soffro di fronte a quella visione proprio perchè anch'io nella mia vita onesta, amorevole e pulita a volte credo ancora che mi debbo salvare, dal dolore, dalla malattia, dalla scarsità, dalla morte?
E' un film non di condanna della società in cui viviamo, è un film che condanna noi stessi in quella forma scempiata, di quando cediamo alla tentazione di non amare, di non essere.
Uscendo dal cinema, stacolmo di altri me, ed io di altri loro, mi sono detta, questo è il momento di amare, questo è il momento per far scattare quel click e riconoscere che tutto è uno, che siamo frammenti, ognuno originale e in sè infinito, di uno stesso gioco, di una stessa rappresentazione.
Ed è inutile pensare che tanto loro sono lì, lontani e diversi, o come dice qualcuno ancora
inevoluti rispetto a me, basterebbe togliere quel tumore...
ma avete mai visto la foto di un
tumore? (grazie Ed)
lo riuscireste a distinguere dalla vita?
...non è solo una forma di vita, è anch'essa vita, che deve lottare per sopravvivere come l'organismo in cui è nato...
no, non credo più a questa separazione, perchè se lo scopo, è far pensare, capire quello che di reale succede altrove, va bene far riflettere, ma quel riflettere non è una prerogativa dello specchio?
ma cosa riflette lo specchio se non me stessa?
siamo tutti uno e due e tre e quattro e cinque e SEI ed infinito...
eh eh
"
Da http://www.radhamante.blogspot.com/

2 commenti:

Anonimo ha detto...

non ho ancora visto il film, mi ha fermato la preoccupazione di stare troppo male, però magari adesso ci vado.
Luigi

marco ha detto...

stare male a volte può far stare bene