Dalla finestra della mia cucina si vedono dei prati verdi, dietro delle case e in fondo, ritagliate nel cielo, le montagne ancora spruzzate di neve.
Una volta i prati erano divisi da filari di salici che allungavano le loro radici nelle rogge.
L’acqua scorreva trasportando semi, piccoli insetti; a volte pezzi di plastica o bottiglie, dandogli comunque un senso, un ritmo, o anche solo una direzione.
Adesso non più.
Gli animali per bere devono spostarsi, esponendosi a rischi di svariata natura.
Fra tutti il più temibile ha un nome: uomo.
I filari di salici erano quinte al riparo delle quali si rappresentava la vita, quella più minuta e segreta, la piccola, microscopica vita che sostiene tutto il creato.
Guardo dalla finestra della mia cucina i prati, le case, le montagne, e sento che ho perso qualcosa.
E qualcosa perderò, giorno dopo giorno. Restando a guardare dalla finestra della mia cucina.
1 commento:
ma come siamo poetici oggi!!!:)
mi ricordi un po' "l'urlo", che urlava perché aveva le scarpe troppo piccole!!!=)
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